Il Mary Rose
- Vittorio Brizzi
- 11 ott 2016
- Tempo di lettura: 3 min

Qui affronteremo il ritrovamento archeologico più importante nell’ambito tardo-medievale che ha permesso agli scienziati interessanti connessioni tra lo status sociale dell’arciere, la sua tecnica con l’arco da guerra e il “warfare”. Prima che venissero rinvenuti gli archi all’interno della Mary Rose, c’era ben poco materiale da poter studiare, solo di cinque longbow inglesi in “buono stato” si aveva la certezza di utilizzo nelle battaglie tra Basso Medioevo e Cinquecento.Il carico medio variava dalle 70 alle 90 libbre[1], tranne uno che arrivava intorno alle 60 e del quale i proprietari sostenevano l’uso in battaglia nel 1464. In particolare uno studio[2], volendosi basare su dati realistici, concentrò il suo svolgimento sulle informazioni ottenute dai ricercatori che hanno analizzato le decine di reperti della Mary Rose.
La Mary Rose era una nave immensa: 500 tonnellate di stazza, quasi 39 metri di lunghezza e circa 12 metri di larghezza. Era dotata di un notevole equipaggio: circa 400 persone tra marinai e militari, e dotata di 78 cannoni. Nel 1536 venne fatto un nuovo allestimento, aggiungendo 13 cannoni e un nuovo ponte, portando così la sua stazza complessiva a ben 700 tonnellate.
Il 19 luglio 1545 la nave si inabissò durante la battaglia contro la flotta francese di Francesco I sotto gli occhi di Enrico VIII. Probabilmente la nave affondò a causa delle violente manovre che, durante la battaglia, fecero entrare acqua dai sabordi[3] inferiori, pregiudicandone irreversibilmente il galleggiamento. Affondò con tutto il suo contenuto di uomini, armi, cannoni, archi, vestiti, armature. Certamente fu una disgrazia terribile per gli uomini a bordo, visto che in pochissimi si salvarono, ma divenne così un patrimonio storico di immenso valore per gli studiosi e gli scienziati di oggi.Stando ai documenti dell’epoca, il carico della Mary Rose era di circa 250 archi in legno di tasso, più di 800 corde e 400 faretre di livery arrows (frecce standard per uso militare) per un totale di circa 9600 frecce. Nel 1979 ripresero i lavori di recupero e vennero rinvenute più di 3500 frecce e 137 archi lunghi, attrezzature varie e scheletri in ottime condizioni. La lunghezza media degli archi andava dai 182 cm ai 213 cm (6 - 7 piedi), le frecce avevano lunghezze medie intorno ai 76 cm (30 pollici), i legni adoperati per le frecce erano frassino, pioppo e nocciolo, a differenza di quello degli archi recuperati che erano tutti in tasso. Aggiungendo la punta di metallo, lunga dai 5 ai 15 cm in base al tipo, si ottengono frecce lunghe complessivamente 80 – 90 cm.
L’arco era formato da una singola doga di legno lavorato, priva di decorazioni, con una semplice incisione per la freccia ad indicare il punto sotto cui afferrare l’arma, il legno impiegato era il tasso perché è un legno robusto, con un ottimo grado di elasticità e flessibilità. Era comune l’uso di uno spicchio longitudinale del tronco, in modo tale che l’arco, una volta terminato, avesse il dorso formato da alburno e il ventre da durame: questo perché l’alburno è più elastico e resistente alle forze di trazione, mentre il durame è più resistente alle forze di compressione. I puntali, inseriti alle due estremità dell’arco per agganciare la corda, erano in osso o corno. La corda era solitamente realizzata in lino o canapa.
L’arciere mediamente doveva adattarsi a un allungo di circa 30 pollici per poter sfruttare al massimo le potenzialità dell’arco, l’unico arco trovato nel relitto che raggiunge l’allungo di 30 pollici durante i test è l’arco MR1648, ma evidenziando un carico di sole 60 libbre[4]. Gli altri archi non arrivano ad allunghi superiori ai 24 pollici, pur evidenziando carichi maggiori. Nessun arco ha scoccato mai una freccia, poiché sono state anche effettuate delle analisi microscopiche che hanno evidenziato il gravissimo danneggiamento delle cellule del legno anche se dall’esterno gli archi sembravano essere in perfette condizioni. Alla luce di questi fatti, i soli modelli matematici[5] non erano in grado di dare stime attendibili e perciò si è deciso di realizzare delle repliche esatte, sia per proporzioni, sia per caratteristiche dei legni, di quelli recuperati dalla nave così da poter risolvere il problema in maniera sperimentale. Gli archi sono stati commissionati ad un certo Roy King, considerato uno dei migliori mastri arcai inglesi.
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[1] Di questi archi non è stato pubblicato nessuno studio sperimentale di ricostruzioni. Si tratta di “congetture” derivate da pareri basati sull’apparenza, o peggio sul test effettuati “invasivamente”… tendendoli!
[2] Hildred, 2011 [3] Sabordo: portello praticato sulla fiancata della nave per la fuoruscita del cannone.
[4] Stranamente, gli scienziati del MRF effettuarono un test “distruttivo” su un reperto archeologico. Questo è inspiegabile e gravissimo. Meraviglia il fatto che solo dopo il deludente risultato ricavato (rottura di un certo numero di reperti) arrivassero finalmente alla conclusione che “…poiché sono state anche effettuate delle analisi microscopiche che hanno evidenziato il gravissimo danneggiamento delle cellule del legno anche se dall’esterno gli archi sembravano essere in perfette condizioni...si reiterassero comunque i test!
[5] Paterson, Society of Archers Antiquaries
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